Milano, la capitale economica di una potente holding, la 'ndrangheta
Che le organizzazioni criminali da tempo abbiano scelto Milano quale luogo preferito per riciclare denaro sporco è fatto risaputo e risalente a tempi lontani, ma il fenomeno, sempre in fase crescente, ha assunto oramai una dimensione allarmante. Anche se sul fronte della lotta alle mafie e, soprattutto, al loro potere economico non si è mai registrato un vero e concreto impegno da parte dello Stato. Basti accennare alla ritrosia delle banche di segnalare operazioni sospette. Del resto il denaro non ha mai avuto odore e in una società consumistica e capitalistica dove il denaro è tutto, è ovvio che sia sempre ben accetto da qualsiasi parte esso provenga. Gli ultimi dati in merito ai movimenti di denaro sospetti inducono però a delle attente riflessioni soprattutto n un periodo di forte crisi economica come quella in atto per effetto della Pandemia da Covid-19. E non si tratta solo di teoria. Vi sono dati e numeri incontrovertibili. Un miliardo e cento milioni di euro è la cifra "monstre" di quanto accertato "In 23 operazioni complessive che l’unità antiriciclaggio del comune di Milano - si legge in un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano - in stretta collaborazione con la Commissione antimafia ha segnalato all’Unità di informazioni finanziaria presso la Banca d’Italia. Il tutto compreso tra il 31 marzo 2014 e il 20 aprile scorso. Nelle decine di atti accumulati in questo periodo e trasferiti sul tavolo dell’antiriciclaggio nazionale ci sono diverse storie che illustrano i tanti settori economici a rischio. Dalla ristorazione ai parcheggi, dalle società sportive fino al settore alberghiero. A scorrere i numeri si resta impressionati. Il lavoro ha riguardato l’analisi di 4.795 operazioni economiche che hanno coinvolto in modo diretto e non 1.256 società e 2.427 persone. Da questo screening iniziale si è arrivati a iscrivere 23 dossier complessivi". Un quadro generale che contempla non solo operazioni conducibili alla 'ndrangheta, ma anche ad altre organizzazioni mafiose oltre che terroristiche. Ma questa cifra è, molto probabilmente, quello accertato ed è la punta dell'iceberg. In realtà i capitali sono molto più ingenti. Sin dai lontanissimi anni '70 tante famiglie di 'ndrangheta sbarcarono in Lombardia per entrare soprattutto in quel periodo nel settore del movimento terra, delle costruzioni, della produzione del cemento. Quanti palazzoni di comuni periferici della cintura milanese sono stati costruiti negli anni '70 e '80, in pieno boom economico da imprese in odor di 'ndrangheta, quando nessuno indagava e quando tutto andava sempre bene. Poi dalle costruzioni alla ristorazione, agli alberghi, ai locali notturni e a tanti altri settori economici per riciclare i proventi immensi provenienti dal monopolio del traffico della droga, l'eroina, negli anni '70 e '80 e la cocaina nei decenni successivi. Oggi la 'ndrangheta della terza generazione non spara più, non uccide. E' costituita da manager, da consulenti finanziari laureati con giacca e cravatta, incensurati, ben inseriti nei ceti che contano. Tessono affari, alleanze globali, giocano in Borsa, conoscono bene come muoversi nei paradisi fiscali. Sono parte integrante delle lobby del vero potere. La 'ndrangheta non è più l'insieme di rozzi criminali che sequestravano i figli dei ricchi e li segregavano nelle buche e negli anfratti dell'Aspromonte. Quelli soni i patriarchi, sono la prima generazione. Oggi è tutt'altro, molto più temibile e molto più potente. Ed oggi come allora è colpevolmente sottovalutata perché il Dio denaro è il Dio denaro. E, quindi, come sosteneva Don Masino Buscetta, qualche mese prima di morire, "le mafie hanno vinto". Sono divenute parte dello Stato, sono divenute parte importante del tessuto economico. Hanno scalato l'ascensore sociale. Sono nei piani alti. Dai lugubri paesini dell'Aspromonte, da San Luca, da Rosarno, da Platì al centro di Milano, alla city londinese, agli uffici di Manatthan. E tutto con la complicità di una parte corrotta dello Stato. E con il fiume di denaro e la corruzione le mafie hanno vinto. Le strategie stragiste contro lo stato come quella perdente dei corleonesi di Totò Riina fanno parte del passato. Le mafia e soprattutto la 'ndrangheta ha sempre saputo che la mafia vince quando entra nello Stato e non quando lo combatte. E questa è stata la formula vincente della 'ndrangheta. Godere di una eterna sottovalutazione ed entrare nello Stato con politici e burocrati al suo servizio. Una formula vincente.
Gianfranco Bonofiglio
Gianfranco Bonofiglio